Il palazzo occupa lo spazio dove erano originariamente presenti case medievali dei Saggina che passarono ai pisani Salvi come pegno per debiti contratti con questi; rimangono, tra l’altro, tracce delle iniziali «S» nelle decorazioni sugli archi a mattoni sul retro. Nel XIV secolo Michele Diodati acquistò il palazzo che divenne la «casa grande» di famiglia.
La ricostruzione dell’edificio attuale risale ai primi del Cinquecento ed è attribuita a Nicolao Civitali, che progettò due facciate, l’una su via di Loreto e l’altra su via Santa Giustina, di pari importanza ma asimmetriche nella disposizione dei portoni d’ingresso. Proprio questi ultimi sono l’elemento dominante del palazzo per la loro bellezza unica nel contesto lucchese. Realizzati in pietra, sono sormontati uno da una sirena e l’altro da un tritone che sostengono lo stemma dei Diodati; la fascia centrale dei pilastri e l’archivolto sono decorati con motivi ad alto rilievo: nel portale della sirena vi sono trofei d’armi e altri elementi fantasiosi come una testa a tre volti e una sfinge con cartiglio, nell’altro armature e strumenti musicali. Nell’archivolto sono raffigurati tre motivi che si ripetono con draghi rivolti verso una sfinge; nelle fasce laterali a basso rilievo sono presenti delfini affrontati con tritone.
Il palazzo fu venduto da Nicolao Diodati nel 1661 a Lelio Orsetti in un momento di difficoltà economica della famiglia.